
Il Teatro Ariston di Sanremo, un simbolo del Festival della canzone italiana, con una storia ricca e interessante, raccontata dal proprietario Walter Vacchino.
Lo spostamento del Festival di Sanremo al Teatro Ariston
Quando si pensa a Sanremo, l’immagine del Teatro Ariston emerge automaticamente nella mente di molte persone. Tuttavia, non tutti sanno che il famoso Festival di Sanremo ha avuto la sua casa originaria nel Casinò di Sanremo fino al 1976.
Walter Vacchino, attuale proprietario del teatro insieme a sua sorella Chiara, in un’intervista ha affermato che “A pochi giorni dall’inizio dell’edizione del 1977, si scoprì che c’erano problemi di agibilità . Il teatro del Casinò non aveva uscite di sicurezza adeguate, ed era pieno di materiale infiammabile e a quel punto, con un preavviso così scarso, esisteva una sola ancora di salvezza: l’Ariston”.
Il padre fondatore e la versatilità del Teatro Ariston
Il Teatro Ariston fu inaugurato il 31 maggio 1963 da Aristide Vacchino. In suo onore, il nome del teatro combinava “Ari” (come Aristide) e Aristos (dal greco, “il migliore”). Walter ricorda come il padre “era un visionario e sognava di fare concorrenza a Cannes e al Festival del cinema con un teatro che fosse anche un cinema multisala, un palazzo dei congressi e perfino un albergo integrato”.
L’Ariston si è adattato al corso degli anni, diventando un tempio della boxe italiana negli anni ’60, sede di trasmissioni televisive americane e persino una chiesa per una settimana nel ’98, ospitando la Settimana Liturgica Nazionale.
Il ritorno permanente del Festival di Sanremo all’Ariston
Excluso il 1990, quando il Festival di Sanremo si è trasferito temporaneamente al Mercato dei Fiori, l’Ariston ha ospitato l’evento ogni anno dal 1977. Quel particolare anno, ricorda Walter, “fu un disastro: il luogo era asettico, la scenografia dispersiva, il suono inadeguato.
Il Palafiori era fuori città e ne risentirono gli incassi di ristoratori e albergatori”. Malgrado le occasionali voci di uno spostamento del Festival, l’Ariston rimane una “bomboniera”, in Walter le parole, “un luogo simbolo, con un numero di posti limitato, che contribuisce a creare il sogno del Festival”.